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Dalla figura umana all’astrazione, dal paesaggio dello Yorkshire alla luna: un viaggio critico nell’opera e nella visione di Barbara Hepworth, pioniera dell’arte contemporanea.

Nella splendida cornice della Fondation Maeght a Saint-Paul-de-Vence, dal 28 giugno al 2 novembre, si tiene la mostra “Barbara Hepworth – Art & Life – curata da Eleanor Clayton – dedicata a una delle artiste più influenti del XX secolo

In un panorama artistico dominato da figure maschili, Barbara Hepworth si affermò come una delle scultrici di maggiore rilievo del Novecento. La sua ricerca, partita dalla rappresentazione figurativa e approdata a un’astrazione profondamente spirituale e sensoriale, è oggi riconosciuta come un tassello fondamentale dell’arte contemporanea. La sua produzione non fu mai fine a sé stessa: ogni forma scolpita si legava all’esperienza umana, al paesaggio, alla tensione tra corpo e spazio e a una visione filosofico-religiosa che permeava tutta la sua esistenza. 

La retrospettiva a lei dedicata ripercorre oltre quarant’anni di attività, offrendo una selezione  ricca e articolata di sculture, disegni, incisioni e dipinti che restituiscono la complessità di una sensibilità artistica fuori dal comune.

Barbara Hepworth: vita e carriera della pioniera della scultura contemporanea

Barbara Hepworth occupa una posizione cardine nella scultura del Novecento, avendo contribuito a ridefinirne linguaggi, tensioni e possibilità espressive. Tra le voci più autorevoli dell’avanguardia britannica e internazionale, la sua ricerca si distingue per una profonda dimensione spirituale e per l’attenzione costante ai mutamenti politici, scientifici e culturali del secolo. 

Nata a Wakefield, nello Yorkshire, il 10 gennaio 1903, dimostrò fin da giovanissima una spiccata inclinazione per le arti, ottenendo nel 1920 una borsa di studio alla Leeds School of Art e, l’anno successivo, l’ammissione al Royal College of Art di Londra, istituzione allora dominata da un ambiente maschile. Diplomata nel 1924, intraprese un viaggio in Italia che segnò profondamente la sua formazione: a Firenze, Siena e Roma apprese le tecniche della lavorazione del marmo e sposò lo scultore John Skeaping

Tornata in Inghilterra nel 1926, sviluppò un linguaggio personale, caratterizzato da forme fluide e da quei celebri vuoti interni che divennero cifra distintiva della sua poetica, ripresi e reinterpretati anche da Henry Moore. Nel 1933, durante un soggiorno in Francia, visitò gli atelier di Picasso e Brancusi, avvicinandosi al gruppo Abstraction-Créatione, nello stesso anno, partecipò alla fondazione del movimento Unit One, accanto a Ben Nicholson – che divenne poi suo marito – Paul Nash e Wells Coates, con l’intento di coniugare astrazione e surrealismo.

La svolta definitiva giunse con il trasferimento a St. Ives, in Cornovaglia, nel 1939, all’indomani dello scoppio della Seconda guerra mondiale. Il suo studio di Trewyn si trasformò ben presto in un ritrovo per numerosi artisti, dando vita a una comunità creativa che contribuì a rinnovare l’arte britannica del dopoguerra. Qui Hepworth ampliò la sua sperimentazione introducendo materiali come bronzo e argilla, accanto a pietra e legno. 

“Barbara Hepworth – Art & Life” alla Fondation Maeght a Saint-Paul-de-Vence | © Serena Annese
Barbara Hepworth, Delos, 1971 | © Serena Annese
Barbara Hepworth, Tides II, 1946 | © Serena Annese

A partire dagli anni Cinquanta, la sua affermazione sulla scena internazionale si consolidò con la partecipazione alla Biennale di Venezia del 1950 e con il prestigioso riconoscimento ottenuto alla Biennale di San Paolo del 1953. Pur guardando con una certa diffidenza al successo, continuò a lavorare con straordinaria intensità fino alla fine, sperimentando anche la litografia. La sua morte, avvenuta tragicamente il 20 maggio 1975 a causa di un incendio nel suo studio di St. Ives, pose fine a una delle avventure più fertili e significative della scultura del XX secolo.

Dalla figura alla forma: l’origine dell’astrazione

Le prime opere di Hepworth affondano le radici nella tradizione figurativa. Dopo gli studi alla Leeds School of Art e al Royal College of Art di Londra, il trasferimento in Italia con il marito John Skeaping segnò una svolta tecnica e concettuale: in un’epoca in cui prevaleva il modellato, i due artisti recuperarono un rapporto ancestrale con i materiali.

La rottura con Skeaping e l’unione con Ben Nicholson aprirono Hepworth alle avanguardie internazionali. La sua adesione al gruppo Abstraction-Création sancì l’inizio di una stagione nuova, in cui la forma assumeva un valore assoluto, non più legato alla rappresentazione ma all’interiorità. Negli anni Trenta, Hepworth entrò in contatto con una vibrante comunità londinese che vedeva nell’arte astratta una forza di cambiamento sociale. Insieme a figure come Naum Gabo, Piet Mondrian, Margaret Gardiner e J.D. Bernal, abbracciò i principi del costruttivismo, con una visione democratica dell’arte come linguaggio universale.

Il manifesto di questa visione fu la pubblicazione “Circle: International Survey of Constructive Art nel 1937, in cui Hepworth sottolineava come “il linguaggio del colore e della forma” non fosse riservato a un’élite, ma appartenesse all’umanità intera.

Nel 1939 – quando la Seconda guerra mondiale la costrinse a lasciare Londra per rifugiarsi in Cornovaglia – la natura aspra e luminosa di St. Ives diventò la sua nuova musa: le sue sculture si popolarono di fili tesi e superfici concave, simboli della tensione tra corpo e paesaggio, tra emozione e struttura. In quegli anni, elementi come il mare, il vento, la roccia entrarono nella sua materia e nella sua poetica.

Negli anni Cinquanta, Hepworth si avvicinò al bronzo, lasciando per la prima volta il rigore dell’intaglio diretto. La materia metallica le consentiva di sfidare la gravità, di suggerire leggerezza, danza e ritmo. Lo dimostrano opere ispirate al volo, alla musica e alla spiritualità. Il metallo divenne un tramite per esplorare ciò che non poteva più essere contenuto nei limiti del legno o della pietra. Le superfici curve, le aperture traforate e i riflessi cangianti incarnavano l’idea che la scultura fosse un’emanazione del movimento universale.

L’arte pubblica come dialogo sociale

Dagli anni Cinquanta in poi, Barbara Hepworth fu sempre più coinvolta in progetti pubblici. Alcune commissioni, come quella per il Waterloo Bridge, non videro mai la luce, ma aprirono una riflessione sul rapporto tra opera, architettura e fruizione collettiva.

La scultrice era convinta che l’arte potesse elevare lo spirito pubblico, dialogare con la città e con i suoi abitanti. Nel 1961, la realizzazione di Winged Figure per il palazzo John Lewis a Londra ne è un esempio emblematico: un’opera che unisce monumentalità ed empatia.

Il nuovo studio Palais de Danse, aperto a St. Ives negli anni Sessanta, fu il centro creativo in cui Hepworth diede vita alle sue opere più ambiziose. In questo periodo la sua produzione si fece cosmica: l’allunaggio del 1969 stimolò una riflessione sulle forme circolari, sulle orbite e sulla poesia del cosmo. In opere come “Genesis III, le sfere fluttuano in uno spazio interstellare che Hepworth avvicina alla spiritualità cristiana.

Barbara Hepworth, Curved Forms, 1956 | © Serena Annese
“Barbara Hepworth – Art & Life” alla Fondation Maeght a Saint-Paul-de-Vence | © Serena Annese
Barbara Hepworth, Two Ancestral Figures, 1970 | © Serena Annese

Forma, gesto e memoria

Negli ultimi anni della sua vita, Hepworth sintetizzò il proprio vocabolario scultoreo in tre archetipi: la figura eretta (l’essere umano nel paesaggio), la dualità (la relazione tra due entità) e la forma chiusa (la maternità, l’abbraccio, l’unione). Queste forme – verticali, gemellari e ovoidali – ricorrono con variazioni nei materiali e nei contesti, ma conservano la loro forza originaria.

Barbara Hepworth fu un’interprete dell’invisibile. Attraverso il vuoto, la luce e il ritmo, l’artista tradusse in materia le tensioni del vivere umano: l’amore, la perdita, la spiritualità, la memoria.

Avete già visto la mostra “Barbara Hepworth – Art & Life” alla Fondation Maeght a Saint-Paul-de-Vence o lo farete presto? Fatemelo sapere qui nei commenti, oppure sulla mia pagina Instagram!

Informazioni utili per la visita

Indirizzo: Fondation Maeght, 623 Chem. des Gardettes, 06570 Saint-Paul-de-Vence, Francia
Orari: visitabile dal 28 Giugno al 2 Novembre 2025 tutti i giorni dalle 10:00 alle 18:00 (dalle 10:00 alle 19:00 in luglio e agosto).
Biglietti: 18€ / per verificare le condizioni di riduzione o gratuità, consultare il sito ufficiale.

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