
“Picasso lo Straniero”: un’indagine sull’identità artistica e politica del maestro del cubismo
Dal 22 marzo al 29 giugno, Palazzo Cipolla - parte del nuovo Museo del Corso di Roma - ospita la grande mostra “Picasso lo Straniero”.
La mostra “Picasso lo Straniero“, ospitata a Palazzo Cipolla a Roma dal 22 marzo al 29 giugno 2025, offre un’immersione profonda nell’identità artistica e politica di Pablo Picasso. Ideata dalla storica dell’arte e biografa Annie Cohen-Solal, l’esposizione esplora il percorso dell’artista come immigrato in Francia, mettendo in luce il contrasto tra la sua fama mondiale e la mancata concessione della cittadinanza francese.
Realizzata in collaborazione con il Musée National Picasso-Paris e altre prestigiose istituzioni, la mostra riunisce oltre 100 opere, affiancate da documenti, fotografie, lettere e video, che ripercorrono la sua traiettoria estetica e politica. Attraverso questa prospettiva inedita, il pubblico può comprendere come l’esperienza di straniero abbia profondamente influenzato la sua carriera e il suo linguaggio artistico.
Indice
Picasso, lo straniero geniale: un’esistenza tra riconoscimento e rifiuto
Pablo Picasso, nato a Málaga nel 1881, si trasferì a Parigi nel 1904, facendone la sua casa artistica per tutta la vita (suggerisco di recuperare il favoloso documentario “Picasso. Un ribelle a Parigi” del 2023 prodotto da 3D Produzioni e da Nexo Digital, col sostegno del Musée National Picasso di Parigi). Se c’è un artista che ha dominato il Novecento con la sua visione rivoluzionaria, è lui: un genio irrequieto, un creatore instancabile, un uomo in perenne lotta con il mondo e con sé stesso. Di lui si crede di sapere tutto: l’irruzione sulla scena artistica, le sperimentazioni ardite, le passioni travolgenti, il cubismo che ha stravolto le regole della pittura. Eppure, dietro il mito, si cela la storia di un uomo spesso percepito come straniero, costantemente in bilico tra accettazione e rifiuto.
Quando nel 1900, a soli diciannove anni, varca per la prima volta i confini di Parigi, non parla una sola parola di francese. Il suo talento ribelle lo spinge a osare, ma la capitale lo accoglie con diffidenza.
Nel 1901, grazie al mercante catalano Pere Mañach, torna nella Ville Lumière per una mostra alla galleria Ambroise Vollard, completando sessantaquattro dipinti in appena sette settimane. La critica è affascinata, ma anche sospettosa: la polizia lo scheda e lo considera un individuo dalle abitudini irregolari, vicino agli ambienti anarchici. Nel 1904, Picasso si stabilisce definitivamente a Montmartre, nel fatiscente Bateau-Lavoir, cuore della bohème artistica. Qui nascono le opere del Periodo Blu e Rosa, mentre il cubismo prende forma. La sua compagna e modella francese Fernande Olivier lo aiuta a integrarsi, ma la sua condizione di straniero permane.
Nel 1917, giunto a Roma con Jean Cocteau per lavorare ai costumi e alle scenografie del balletto Parade – musicato da Erik Satie – subisce il fascino dell’arte classica italiana. Le antichità di Pompei e Napoli lasciano un’impronta indelebile nella sua poetica. Negli anni Trenta, mentre il clima politico si fa incandescente, Picasso trova rifugio nel castello di Boisgeloup, in Normandia, dove si dedica con fervore alla scultura.



La Francia continua però a osservarlo con sospetto. Nel 1931, il suo passaporto viene marchiato con un timbro nero: “SPAGNOLO”. A partire dal 1935, la sua vita diventa un continuo spostarsi tra Parigi, Boisgeloup, Juan-les-Pins e Le Tremblay-sur-Mauldre, riflesso della sua instabilità interiore e del caos che avvolge l’Europa. Sono anni di crisi, in cui il pittore si rifugia nella creazione incessante, ritraendo figure femminili immerse in spazi chiusi e aperti, sperimentando stili diversi, oscillando tra una ricerca intimista e l’incombere del dramma storico. Il 1938 segna un ulteriore sconfitta: la sua schedatura viene completata con le impronte digitali.
Come risponde Picasso a questa diffidenza? Con l’arte. Il Minotauro, figura ricorrente nei suoi lavori, diventa l’emblema della sua ambivalenza: potente e fragile, libero e braccato. Nel ciclo del Minotaure aveugle, il mostro mitologico diventa cieco, guidato da una bambina: un’immagine che riflette la sua condizione di artista senza patria.
Eppure, malgrado l’ostilità delle autorità, Picasso è già un’icona dell’arte moderna. Il New York Times, nel 1930, lo definisce “l’idolo dei collezionisti d’arte moderna”. Nel 1936, Alfred Barr, direttore del MoMA, lo pone al centro della storia dell’arte del XX secolo, e nel 1939, il museo americano acquisisce “Les Demoiselles d’Avignon”, capolavoro rifiutato dal Louvre.
Durante la Seconda Guerra Mondiale, Picasso rimane a Parigi, chiuso nel suo studio in rue des Grands-Augustins. Il regime di Franco lo considera un nemico, i nazisti lo guardano con sospetto, la Francia occupata gli nega la cittadinanza. I suoi dipinti come “Jeune Garçon à la langouste” e “Femme assise au chapeau” diventano specchi di un mondo tormentato. Nel 1943, realizza “L’Homme au Mouton”, una scultura che si oppone alla retorica monumentale del regime hitleriano: un pastore con un agnello sulle spalle, simbolo di umiltà e resistenza.
Dopo la guerra, si avvicina al Partito Comunista, un legame che gli garantisce protezione e gli permette di influenzare la cultura francese. Nel 1949, la sua “Colomba della Pace” diventa un’icona mondiale. Negli anni Cinquanta, Picasso lascia Parigi e si rifugia in Provenza, dove la luce mediterranea alimenta una pittura sempre più libera, segnata da erotismo e dal dialogo con i maestri del passato.
Quando De Gaullegli offre la cittadinanza francese e la Legion d’Onore, le rifiuta: non ha bisogno di riconoscimenti tardivi da parte di un Paese che per anni lo ha trattato da estraneo. Nel 1966, la Francia gli dedica la monumentale mostra “Hommage à Picasso”, ma lui sceglie di non presenziare.
Nel 1969, a ottantotto anni, dipinge “Adolescent”, un’opera che racchiude tutta la sua storia: uno sguardo sospeso nel tempo, un volto che unisce la grazia di Velázquez all’energia sovversiva del cubismo. Mani e piedi smisurati, colori vivaci, asimmetrie e forme distorte: tutto appartiene al suo linguaggio rivoluzionario.



Quando Picasso muore, l’8 aprile 1973, è lo straniero più celebre di Francia, un uomo che ha riscritto la storia dell’arte e costretto il mondo a guardare oltre i confini delle nazioni. Il grande riconoscimento francese arriva solo in extremis: nel 1968, il ministro André Malrauxpromuove una legge che consente di pagare le imposte di successione con opere d’arte, facilitando così la nascita del Musée Picassoa Parigi nel 1985. Decenni di esclusione non possono, però, essere cancellati: il più grande artista del Novecento è stato schedato, respinto e marchiato come straniero fino alla fine della sua vita.
Picasso lo Straniero: arte, identità e politica in mostra a Palazzo Cipolla
La mostra, frutto della collaborazione con il Musée National Picasso-Paris e altre istituzioni di rilievo, si concentra in particolare sulle difficoltà che Picasso incontrò come straniero in Francia, paese in cui visse per la maggior parte della sua vita ma che non gli concesse mai il pieno riconoscimento legale. Attraverso documenti d’archivio, lettere, fotografie e video, “Picasso lo Straniero” offre un’analisi critica del rapporto tra l’artista e le istituzioni francesi, mostrando come l’essere considerato un estraneo abbia influenzato la sua identità e il suo lavoro. Un nucleo di opere inedite, selezionate appositamente per Palazzo Cipolla, arricchisce ulteriormente il percorso espositivo, offrendo al pubblico un’opportunità unica di esplorare aspetti meno conosciuti della carriera di Picasso.
Uno dei punti focali della mostra è la sezione dedicata alla “Primavera Romana del 1917“, un periodo significativo per Picasso durante il quale visse a Roma insieme a figure iconiche come Jean Cocteau, Erik Satie, Serge de Diaghilev e Leonid Massine. Questo momento storico segnò una rinascita artistica per Picasso dopo la confisca delle sue opere cubiste da parte del governo francese nel 1914.
L’allestimento segue un criterio cronologico e tematico, ponendo in dialogo le creazioni di Picasso con gli eventi storici che ne hanno scandito l’esistenza. La mostra si distingue per il suo approccio innovativo: non si limita a celebrare l’arte di Picasso, ma ne esamina il ruolo di figura politica e sociale.
La percezione di Picasso come straniero in Francia non è solo una questione burocratica, ma rappresenta una chiave di lettura essenziale per comprendere la sua opera. Attraverso documenti ufficiali, testimonianze e articoli dell’epoca, “Picasso lo Straniero” evidenzia come la sua identità di immigrato abbia influenzato la sua posizione nei confronti del potere, la sua adesione al Partito Comunista Francese nel 1944 e il suo costante impegno contro le ingiustizie politiche e sociali.
La mostra segue così il viaggio esistenziale e artistico di Picasso attraverso le sue rivoluzioni estetiche e politiche, arricchendosi di prestiti da istituzioni internazionali come la FundaciónMuseu PicassodeBarcelona, il Musée Picasso di Antibes, il Musée Magnelli – Musée de la Céramique di Vallauris e storiche collezioni private europee.



Tra i capolavori esposti, si segnalano “Montagne di Málaga” (1896) dal Museo Picasso di Barcellona e “Au restaurant” (1900) da una collezione privata, che illustrano il passaggio dall’influenza spagnola alla nuova dimensione artistica parigina. Un’importante sezione esplora anche la ceramica come pratica sovversiva.
L’esposizione offre inoltre una lettura del lavoro di Picasso in relazione alle sue radici spagnole, al suo attaccamento alla cultura iberica e alla sua visione dell’arte come strumento di resistenza e denuncia. Opere come “Guernica” (1937), sebbene non presenti fisicamente in mostra, vengono contestualizzate attraverso materiali d’archivio che mette in evidenza il suo legame con la guerra civile spagnola e il suo rifiuto del regime franchista.
L’evento – arricchito da un programma di conferenze, visite guidate e laboratori didattici – si inserisce nel quadro delle celebrazioni per il cinquantenario della morte dell’artista, offrendo una prospettiva nuova e approfondita sulla sua figura.
Esplorando la condizione di Picasso come straniero in Francia, il pubblico è invitato a interrogarsi sul significato dell’identità, dell’appartenenza e della cittadinanza in un mondo in continua trasformazione. Curata da Annie Cohen-Solal con il contributo di Johan Popelard del Musée National Picasso-Paris, la mostra è organizzata dalla Fondazione Roma in collaborazione con Marsilio Arte.
Avete già visto la mostra “Picasso lo Straniero” nel nuovo Museo del Corso a Roma o lo farete presto? Fatemelo sapere qui nei commenti, oppure sulla mia pagina Instagram!
Informazioni utili per la visita
Indirizzo: Via del Corso 320, 00186 Roma (RM).
Orari: dal 27 febbraio 2025 al 29 giugno 2025 lunedì dalle 15:00 alle 20:00 e da martedì a domenica dalle 10:00 alle 20:00. Il giovedì chiude alle 22:30. Ultimo ingresso un'ora prima della chiusura della mostra.
Biglietti: 15€ / per verificare le condizioni di riduzione o gratuità, consultare il sito ufficiale.
Enza Scalisi
Percorso storico artistico importante insieme alla storia umana e individuale
Orme d'Arte
Concordo, una mostra davvero ben organizzata. 😊❤️