
Ultimi giorni per ammirare "La Crocifissione Bianca" di Marc Chagall a Palazzo Cipolla: l'esposizione si conclude il 27 gennaio.
Fino al 27 gennaio, Palazzo Cipolla a Roma ospita una straordinaria esposizione dedicata a “La Crocifissione Bianca“, uno dei capolavori più iconici dell’artista bielorusso Marc Chagall. L’opera – proveniente dal The Art Institute of Chicago – propone una profonda riflessione sulla sofferenza e sulla speranza, intrecciando simboli della tradizione ebraica e cristiana in un universo di colori e intenso pathos. La mostra offre ai visitatori l’opportunità unica di esplorare il contesto storico e artistico di questo capolavoro, considerato quasi un manifesto contro la violenza e l’odio.
Indice
Un debutto straordinario per la Crocifissione Bianca di Marc Chagall a Roma
L’arrivo a Roma della Crocifissione Bianca di Marc Chagall coincide con un momento storico altamente simbolico: è infatti la prima volta che questa celebre opera, molto cara a Papa Francesco, viene esposta nella Capitale. L’inaugurazione della mostra è avvenuta pochi giorni prima dell’apertura della Porta Santa a San Pietro e dell’inizio dell’Anno Giubilare. Inoltre, è stata scelta per celebrare l’inaugurazione ufficiale del Museo del Corso – Polo Museale, un nuovo spazio culturale promosso dalla Fondazione Roma.
Un nuovo polo culturale nel cuore di Roma
L’ambizioso progetto del Museo del Corso riunisce due edifici di grande rilevanza storica, Palazzo Sciarra e Palazzo Cipolla, entrambi legati alla storia della Cassa di Risparmio di Roma. Il nuovo polo espositivo ha come obiettivo non solo quello di organizzare mostre di grande qualità, ma anche quello di offrire un’esperienza gratuita e accessibile a tutti.
La collezione permanente illustra un viaggio nell’arte dal Quattrocento fino all’epoca contemporanea, arricchito da documenti storici provenienti dall’Archivio del Monte di Pietà e della Cassa di Risparmio di Roma, un tesoro documentale che abbraccia cinque secoli di storia.
Ma ciò che rende unico questo spazio è la sua vocazione: il Museo si propone come un luogo di apertura e inclusione, dove la cultura e la bellezza diventano strumenti per la crescita sociale e civile. Ogni iniziativa futura verrà sviluppata con l’obiettivo di promuovere riflessione, condivisione e solidarietà.



Un’opera iconica dal significato universale
La scelta di inaugurare il Museo del Corso con la Crocifissione Bianca è di per sé significativa. Proveniente dall’Art Institute di Chicago, questa tela è considerata una delle opere più importanti del Novecento. Chagall, con la sua sensibilità poetica e spirituale, riesce a intrecciare temi universali come la sofferenza, la fede e la speranza. La figura centrale di Cristo crocifisso, reinterpretata come simbolo del martire ebreo, diventa un ponte tra due tradizioni religiose, invita a una riflessione teologica profonda e onnicomprensiva.
Nonostante la drammaticità delle scene di devastazione rappresentate nel quadro, Chagall infonde però un messaggio di speranza attraverso dettagli luminosi. La luce che scende dall’alto, ad esempio, rompe le tenebre e illumina il Crocifisso, suggerendo un’apertura verso la salvezza. La scala appoggiata alla croce richiama non solo la sofferenza, ma anche l’idea di redenzione, mentre il chiarore attorno al capo di Cristo si riflette nelle candele della menorah, unendo simbolicamente la luce della fede e della speranza.
La Crocifissione Bianca è un’opera straordinariamente attuale. Nel dipinto, una barca piena di profughi, con un remo solo e diretta verso una terra incerta, richiama le tragedie migratorie del nostro tempo. Le figure in fuga – madri con bambini, uomini che proteggono i rotoli della Torah, volti segnati dalla sofferenza – evocano l’eterna ricerca di pace e sicurezza in un mondo lacerato da guerre e ingiustizie.
La Crocifissione Bianca nasce subito dopo uno degli episodi più atroci della storia recente: la Kristallnacht – la Notte dei Cristalli – tra il 9 e il 10 novembre 1938. Le strade di Germania, Austria e della regione dei Sudeti si riempirono di vetri infranti, case devastate, negozi saccheggiati, sinagoghe profanate. Nell’opera, Chagall dipinge una sinagoga in fiamme, la Torah violata, frammenti di preghiere e simboli sacri devastati. Ogni dettaglio evoca non solo la distruzione di un popolo, ma quella dell’intera umanità.
Questa violenza non era nuova per Chagall. Nato nel 1887 a Vitebsk, il pittore bielorusso cresce in un contesto di continue persecuzioni. Vitebsk divenne per lui un luogo dell’anima, un simbolo eterno di bellezza e nostalgia. Sebbene lasci presto il villaggio, esso rivive in ogni sua opera, diventando specchio del tormento, ma anche della speranza dell’artista. Anche nella Crocifissione Bianca, Vitebsk rivive nei villaggi devastati, nelle case incendiate, nei volti dei disperati, nella neve che copre i cadaveri.
Educato nella spiritualità dell’ebraismo hasidico, Chagall cercava nel colore il linguaggio del sacro e del profano. La sua arte è preghiera, nostalgia, invocazione. André Breton, fondatore del surrealismo, lo descrisse così: “Chagall ha visto e sentito il mondo in modo diverso dagli altri, con l’anima e con il cuore“. Questa visione si riflette nelle opere del pittore, dove la realtà e il sogno si intrecciano in un caleidoscopio di colori vibranti e simbolismo profondo.
Nel dipinto i decenni di distruzione violenta contro gli ebrei – dalla Russia zarista alla Germania nazista – riecheggiano. In alto, contadini con bandiere rosse e attrezzi agricoli sembrano difendere il villaggio, ma è troppo tardi: l’orrore si è già consumato.
Quattro figure fluttuano senza peso sopra la Crocifissione: tre uomini e una donna, vestiti in abiti ebraici. L’uomo in bianco porta i filatteri e uno scialle da preghiera, mentre gli altri due coprono le loro teste con una kippah o un mantello. Tra oscurità e un raggio di luce dall’alto, si coprono il volto impotenti davanti alla grande tragedia, concentrata in un solo corpo sulla Croce.
Nel dipinto di Chagall, Cristo è raffigurato con un drappo sul capo, come un ebreo e al posto del tradizionale perizoma, è avvolto nello scialle rituale ebraico, il tallit, con le sue frange note come tzitzit, che ricordano agli israeliti i numerosi comandamenti della vita, ma qui pendono senza nodi, poiché Gesù ha già compiuto il suo cammino di obbedienza fino alla morte.



In alto, in caratteri rossi, si legge “I.N.R.I.”, mentre sotto in aramaico si trova “Yeshu HaNotzri Malcha D’Yehudai“. Sotto la Croce, una menorah ha sei candele accese – e non sette come vuole la tradizione, una delle candele appare spenta, come se le fiamme davanti a Gesù stessero per essere soffocate dai venti tempestosi che agitano il mondo.
Ai lati della Crocifissione, come nella tradizione cristiana e nei Vangeli, ci sono i due ladroni condannati, appesi anch’essi a una croce. Tutto intorno ci sono coloro che soffrono. Ogni giorno continua il massacro di coloro che vengono colpiti e schiacciati per la loro identità. In basso a destra un uomo con un sacco sulle spalle, l’errante, si avventura verso un luogo immaginario, perpetuamente nomade come i progenitori del popolo biblico, sperando in una terra promessa. Questo particolare prende spunto da una poesia yiddish di Abraham Walt, che raccontava del patriarca Giacobbe che concepì un piano per preservare la sua progenie attraverso i secoli: disperdersi in tutte le direzioni possibili, in modo che se uno fosse stato colpito, gli altri sarebbero potuti sopravvivere.
Attraverso i suoi colori, le sue figure fluttuanti e i suoi simboli carichi di significato, Chagall ci ricorda che dall’oscurità della sofferenza può emergere però una luce di speranza. Come ha scritto lo storico dell’arte statunitense Meyer Schapiro: “Chagall ci invita a vedere il mondo con gli occhi di un bambino, dove ogni cosa è possibile e la bellezza si trova ovunque”. La Crocifissione Bianca di Chagall rimane un simbolo di speranza e meraviglia, capace di parlare direttamente all’animo umano.
Avete già avuto modo di ammirare il dipinto di Chagall esposto a Palazzo Cipolla a Roma o lo farete presto? Fatemelo sapere qui nei commenti, oppure sulla mia pagina Instagram!
Informazioni utili per la visita
Indirizzo: Via del Corso 320, 00186 Roma (RM)
Orari: dal 27 novembre 2024 al 27 gennaio 2025. Aperto da lunedì a domenica dalle 10:00 alle 20:00. Ultimo ingresso 30 minuti prima della chiusura della mostra.
Biglietti: ingresso gratuito.
Sito web: www.museodelcorso.com