
Munch. Il grido interiore: l’artista che ha dipinto l’angoscia dell’esistenza in mostra a Roma
Palazzo Bonaparte ospita l’attesa mostra dedicata a Edvard Munch dall’11 febbraio 2025 al 2 giugno 2025.
Dall’11 febbraio 2025, Palazzo Bonaparte a Roma ospita una mostra straordinaria dedicata a Edvard Munch, uno degli artisti più complessi e intensi della storia dell’arte contemporanea. Si tratta di un evento senza precedenti: il Munch Museum di Oslo, che custodisce gran parte delle opere dell’artista, ha concesso un prestito eccezionale che permette di ammirare cento capolavori, tra cui La morte di Marat, Notte stellata, Le ragazze sul ponte e Malinconia. Dopo una prima tappa a Palazzo Reale di Milano, la mostra approda nella Capitale, offrendo al pubblico l’opportunità di attraversare l’intero percorso creativo dell’artista, dai primi lavori fino alle ultime riflessioni sulla vita e sulla morte.
Il percorso espositivo abbraccia i temi più cari a Munch, intrecciati tra loro dalla costante riflessione sulla condizione umana. L’artista norvegese non si limitava a rappresentare la realtà visibile, ma cercava di dare forma alle emozioni più profonde e ai traumi personali. Questa ricerca emerge chiaramente proprio in opere come Malinconia e La bambina malata, dove la materia pittorica diventa veicolo di dolore e introspezione.
Indice
Edvard Munch: l’anima tormentata che ha dato voce all’angoscia umana
Considerato uno dei principali esponenti del Simbolismo e precursore dell’Espressionismo, Edvard Munch ha saputo creare un legame immediato con il suo pubblico. Le sue opere non si limitano a mostrare il dolore e l’angoscia: le fanno vivere, le rendono palpabili.
Le esperienze personali dell’artista norvegese sono state il punto di partenza per la sua ricerca espressiva. La perdita prematura della madre quando aveva solo cinque anni, seguita dalla morte della sorella e del padre e il rapporto tumultuoso con la fidanzata Tulla Larsen, hanno costituito la materia grezza con cui Munch ha scolpito la sua poetica. A questo dolore interiore si è intrecciata la sua sensibilità verso le forze della natura, che percepiva come specchio delle passioni e dei turbamenti umani.
I suoi dipinti sono popolati da figure dai volti svuotati, paesaggi irreali e colori vibranti che urlano l’angoscia dell’esistenza. Come ha osservato il critico Hans Dieter Huber, “le sue opere non cercano di rappresentare la realtà, ma l’esperienza emotiva che essa suscita”.
Nel corso della sua carriera, Munch è stato profondamente influenzato dal naturalista Christian Krohg, che ne incoraggiò il talento e dal soggiorno a Parigi, dove entrò in contatto con le innovazioni impressioniste e post-impressioniste. Qui sviluppò un uso più psicologico del colore, capace di raccontare stati d’animo e tormenti interiori.



Lo scandalo della sua prima personale a Berlino – nel 1892 – lo consacrò come artista fuori dagli schemi. La mostra fu chiusa in anticipo, ma questo episodio segnò l’inizio di una carriera internazionale che lo portò a sperimentare intensamente anche nel campo della stampa, diventando uno dei più influenti incisori dell’epoca.
Munch viveva sull’orlo del baratro, come scrisse lo storico dell’arte Rainer Maria Rilke: “Ogni suo quadro è un grido trattenuto, un dolore che non riesce a trovare pace”. Le relazioni tormentate, l’alcolismo e un incidente traumatico lo condussero a un crollo psicologico, e l’artista scelse volontariamente di ricoverarsi in una clinica tra il 1908 e il 1909.
Ritornato in Norvegia, trovò rifugio nella natura: i paesaggi marini e le grandi tele murali per l’Università di Oslo divennero la sua nuova dimensione creativa. Questi monumentali dipinti espressionisti, ancora oggi tra i più imponenti d’Europa, riflettono la sua continua indagine sulle forze invisibili che muovono l’universo e l’animo umano.
Si spense nel 1944 a Ekely, dove continuò a lavorare fino all’ultimo giorno. La sua arte, così intima e universale, continua a risuonare nell’immaginario collettivo come un eterno “grido interiore”, capace di dare forma alle emozioni più profonde dell’essere umano.
L’esposizione dedicata a Edvard Munch a Palazzo Bonaparte a Roma
La mostra Munch. Il grido interiore si articola in diverse sezioni tematiche, ciascuna delle quali illumina un aspetto cruciale della poetica dell’artista norvegese.
La prima sezione – “Allenare l’occhio” – esplora la sua formazione e le prime sperimentazioni artistiche. Le opere giovanili, come Autoritratto e Malinconia, mostrano già la tensione verso una pittura che trascende l’osservazione della natura per farsi strumento di introspezione psicologica. Dando una grande importanza ai colori, alle forme e ai suoni. La frase dell’artista, “Non dipingo cosa vedo, ma cosa ho visto“, rivela il suo desiderio di catturare le tracce mnemoniche ed emotive della realtà.
Si prosegue con “Quando i corpi si incontrano e si separano”, in questa parte del percorso espositivo emerge la visione di Munch sull’amore e sulla sessualità. I dipinti della serie Amore e Il Fregio della vita testimoniano il tentativo di rappresentare l’erotismo come forza cosmica e distruttiva al tempo stesso. Bacio vicino alla finestra e Madonna incarnano l’ambiguità del desiderio, sospeso tra estasi e annientamento. Secondo il critico Hans Jæger, “Munch dipinge l’amore come un rituale sacrificale, in cui l’individuo si dissolve nell’altro per ritrovare la propria essenza”.
La terza sezione – Fantasmi – la morte e il lutto si manifestano come presenze costanti nell’opera di Munch, che trasforma il dolore personale in un’esperienza universale. La bambina malata e La morte nella stanza della malata sono dipinti che vibrano di sofferenza, con pennellate convulse che traducono in immagine l’angoscia dell’artista. La famosa Disperazione e L’urlo incarnano la fragilità dell’esistenza umana e l’incapacità di sottrarsi al terrore della morte. Le opere ricordano quasi delle allucinazioni, con figure allungate e tocchi di pittura che evocano soltanto corpi che scompaiono e dissolvono. Le figure deformate, le ombre inquietanti e le pennellate convulse materializzano l’angoscia esistenziale, anticipando le inquietudini dell’uomo moderno.



La quarta sezione è dedicata al soggiorno del pittore in Italia. Il rapporto di Munch con l’Italia è meno noto, ma fondamentale per comprendere la sua evoluzione artistica. I suoi soggiorni a Firenze, Roma e Venezia lo mettono in contatto con l’arte rinascimentale, che lascia un’impronta indelebile sulla sua concezione della pittura come narrazione universale. La tomba di P.A. Munch a Roma– che raffigura uno scorcio del Cimitero Acattolico romano dov’è sepolto lo zio, storico norvegese considerato il fondatore della scuola di storia norvegese – e Ponte di Rialto, Venezia testimoniano la sua fascinazione per l’architettura e i paesaggi italiani.
La quinta sezione – L’universo invisibile – si esplora l’interesse di Munch per la scienza, il misticismo e le teorie monistiche. Le opere Uomini che fanno il bagno e Onde rivelano la sua convinzione che l’universo sia permeato da energie invisibili che connettono tutte le forme di vita. La sua pittura si fa così strumento di indagine cosmica, nel tentativo di cogliere l’essenza vibrante della realtà. La sua idea muoveva dal credere che l’ambiente fisico e i corpi agiscono gli uni sugli altri, permettendo alle energie invisibili di interagire con il mondo visibile. Come ha scritto il critico Robert Rosenblum, “Munch anticipa l’Espressionismo astratto, cercando nell’atto pittorico un modo per entrare in contatto con le forze primordiali dell’esistenza”.
Nella sesta sezione – Di fronte allo specchio (Autoritratto) – ci sono gli autoritratti di Munch, una riflessione continua sull’identità e sul trascorrere del tempo. Dall’iconico Autoritratto con scheletro a Il viandante notturno, l’artista esplora il proprio volto come una maschera mutevole, specchio delle sue inquietudini interiori.
L’ultima sezione celebra l’eredità di Munch, il suo impatto sulle avanguardie del XX secolo e la sua perenne attualità. Opere come Le ragazze sul ponte e Donna sui gradini della veranda mostrano la sua straordinaria capacità di costruire lo spazio pittorico attraverso linee di forza che coinvolgono lo spettatore nell’emozione della scena.
La mostra Munch. Il grido interiore, è prodotta e organizzata da Arthemisia, con la curatela di Patricia Gray Berman, una delle massime studiose dell’opera di Munch, e la collaborazione scientifica di Costantino D’Orazio, direttore della Galleria Nazionale dell’Umbria.
L’evento è stato reso possibile grazie alla partnership con la Fondazione Terzo Pilastro – Internazionale e Poema, e gode del patrocinio di istituzioni prestigiose, come il Ministero della Cultura, la Regione Lazio, il Comune di Roma – Assessorato alla Cultura e la Reale Ambasciata di Norvegia a Roma.



La mostra Munch. Il grido interiore rappresenta un’occasione unica per avvicinarsi o riscoprire la complessità e la modernità dell’opera di Edvard Munch. La sua arte, radicata nell’esperienza personale ma capace di parlare a tutti, continua a sollevare profonde riflessioni sulle grandi questioni della vita e della morte, dell’amore e della perdita, della speranza e della disperazione. Patricia Gray Berman e Costantino D’Orazio hanno curato un percorso espositivo che valorizza l’intreccio tra biografia e creazione artistica, restituendo tutta la profondità di un maestro che ha saputo dare voce all’invisibile.
Avete già visto la mostra “Munch. Il grido interiore” a Palazzo Bonaparte a Roma o lo farete presto? Fatemelo sapere qui nei commenti, oppure sulla mia pagina Instagram!
Informazioni utili per la visita
Indirizzo: Palazzo Bonaparte - Piazza Venezia, 5, 00186 Roma (RM)
Orari: visitabile dall’11 febbraio al 2 giugno dal lunedì a giovedì dalle 9:00 alle 19:30 e da venerdì a domenica dalle 9:00 alle 21:00.
Biglietti: 19,50€ / per verificare le condizioni di riduzione o gratuità, consultare il sito ufficiale.